L’esistenza è forza che può conservarsi solo espandendosi (Spinoza,
“Etica”)
L’invidia è un’emozione umana che
tutti più o meno nella vita provano o si permettono di sentire.
Etimologicamente invidia viene dal
latino in –videre, ovvero guardare di
malocchio. Oggetto di tale sguardo è ciò che l’altro ha e che si vorrebbe avere
ed è sostenuta dal seguente pensiero implicito:
• Perché lui/lei si ed io no?
Quando l’emozione dell’invidia diventa passione essa
diventa pervasiva e invalidante.
Intendo per passione un’emozione
che si esaspera e che rende la persona dominata da tale vissuto. Quando
un’emozione diviene passione, la libertà
di scegliere quale comportamento agire nell’ambiente di vita diminuisce sempre
più, andando nel versante della coazione inconsapevole del comportamento.
Tipica manifestazione della persona che si identifica nella polarità dell’invidia,
è che svilupperà emozioni come il rancore e la rabbia e metterà in atto comportamenti
quale la delazione, il pettegolezzo e la maldicenza. Eloquente a tal proposito
la frase di Esopo: “La volpe che non riesce a raggiungere l’uva perché troppo
alta per lei, dirà che l’uva è cattiva”.
Spesso la persona può coprire
l’emozione dell’invidia con l’emozione della vergogna. Questo perché uno dei messaggi impliciti presenti nei gruppi
sociali, interiorizzato dal bambino nel suo processo di crescita, è che l’invidia è un’ emozione negativa e come
tale è meglio non sentirla e non provarla.
Occorre fare a
questo punto, una premessa psicologica importante e significativa per vivere
bene anche le emozioni sgradevoli. Essa può essere riassunta nel seguente
messaggio:
“Non
tutto quello che provo va agito nel comportamento, ma tutto ciò che sento è ok
sentirlo e posso dargli spazio e ascolto nella mia casa interiore”.
Se creo all’interno di me uno spazio di ascolto
(e in questo vengono in aiuto le pratiche della Meditazione orientale –Vipassana
o Zen e della Mindfulness occidentale)
per l’emozione dell’invidia quando la contatto, posso interrogarla e creare un
‘alleanza con lei per comprendere quale reale bisogno il mio corpo o la mia
persona vuole soddisfare grazie al
segnale inviato da quest’ emozione.
Allora quali sono le domande che
posso rivolgere all’emozione dell’invidia affinché diventi un sentimento funzionale ed adattivo per la
mia vita?
Vediamo le domande
da poter rivolgere a tale vissuto
emotivo con contenuti cognitivi
Ascoltandolo e osservandolo posso
chiedergli:
• Cosa mi stai dicendo?
• Cosa l’Altro ha o è, che io non
ho e che vorrei avere od essere?
• Come posso mobilitarmi per fare
e darmi ciò di cui ho bisogno?
Ecco che contattando tale
emozione, osservandola e ascoltandola posso comprendere, ad esempio, che può
esserci un desiderio di essere maggiormente realizzato nel lavoro o nella vita
affettiva e posso iniziare a mobilitare le mie energie in modo costruttivo per
raggiungere l’obiettivo per me necessario.
Quale è l’antidoto da sviluppare polare all’emozione dell’invidia?
Secondo l’Enneagramma (enneatipo 4) esso è la virtù dell’equanimità.
Equanime è secondo il dizionario Treccani colui che è di animo
sereno e imparziale in ogni caso e verso chiunque.
Dunque sviluppare e coltivare equanimità
significa riconoscere e divenire consapevoli che ciò che abbiamo ci basta nel
presente e possiamo coltivare la fiducia di costruire frecce di speranza per il
futuro.
A questo punto l’invidia, non è più un ‘emozione o vizio che si incancrenisce nella psiche e nel corpo (somatizzazione
tipica dell’invidioso è l’apparato digerente
con seguenti disturbi: coliti, diverticoliti, malattie epatiche) , non è
più un guardare l’Altro con un moto di impotenza interna che mi arena in una
rabbia implosa che non permette la mia crescita
umana –, ma diventa se emozione
lavorata attraverso la consapevolezza, motore (sana competizione), energia per
esprimermi e realizzarmi e raggiungere ciò
di cui ho bisogno per esserci pienamente
nel mondo.
Per chi vuole approfondire il tema ecco alcuni testi
suggeriti:
• U. Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi,
Feltrinelli, 2003, Milano.
• L. Masi, Vizi capitali e psicopatologia, Paoline, 2015,
Milano.
• G. Ventimiglia, Vizi. Esercizi per casa, Apogeo, 2007,
Milano.